La bussola indica sempre il nord.
Ma il nord, anche se mooolto lentamente, si sposta.
In qualche modo anche i nostri interessi lo fanno.
Seppur mooolto lentamente le nostre passioni, le nostre opinioni, le nostre mode vengono attratte da un nord magnetico che alla fine pare un po’ una banderuola.
Io sono nata quando l’America era di moda.
Nessuno mangiando un CrispyMcBacon si sarebbe sentito colpevole del buco nell’ozono (che nel frattempo s’è ripezzato), delle mucche geneticamente modificate, della plastica negli oceani, del surriscaldamento globale e dell’estinzione del genere umano; alla peggio pensavi di aver contribuito all’effetto serra e bon-buona-basta.
Oggi se poco poco ammetti di aver varcato la soglia di un Mc vieni accusato di crimini contro l’umanità che Hitlerscansatifaiprimaabruciarequalchemilionediumani.
Signoramia è tutto diverso.
Signora mia non ci sono più le mezze stagioni e il Giappone è la nuova America.
Sushi.
Sushi in ogni dove.
Sushi a Roccapipirozzi.
Sushi a Roccacannuccia.
Sushi a Roccaspinalveti.
Sushi in ogni Rocca.
Fa prima un tonno rosso ad arrivare su una roccaqualsiasi che io a dire sushi.
Il Giappone è la nuova America con la differenza che tante delle parole giapponesi che conosco a me ricordano vagamente la parola cazzo.
Non ditemi di essere l’unica ad averlo pensato.
Ok, allora ho un problema.
Da aggiungere alla marea di problemi che ho già.
Noi guardiamo i giapponesi con gli occhi di chi sa che quel livello di precisione, educazione, disciplina e rispetto che loro hanno verso sé stessi, noi non lo avremo mai. Li guardiamo come le merde che siamo in attesa di essere calpestate da qualche geisha con una ciabatta di cui non conosco il nome, ma che molto probabilmente avrà una qualche somiglianza con la parola cazzo.
O minchia.
Quindi cosa facciamo per ripulirci dal senso di colpa di non essere ordinati e composti come gli amici orientali?
Ne adottiamo la filosofia.
La filosofia zen.
E ci ripetiamo nella testa frasi motivazioni con la voce della pubblicità Suzuki.
Rimanendo delle merde.
Quindi aggiungiamo qualche altro orpello orientale alla nostra vita tipo il Kintsugi.
Il Kintsugi è l’arte di riparare gli oggetti di ceramica rotti con un materiale dorato che ne esalta le crepe.
C’è tutta una dietrologia/filosofia zen che paragona anche i nostri difetti, le nostre cicatrici a quelle crepe, facendo diventare le ferite che ci portiamo addosso e nell’anima qualcosa di prezioso, qualcosa che ci rende unici e irripetibili, proprio come le fratture che si formano sulla ceramica quando l’oggetto s’infrange a terra.
Esistono libri su questa roba.
Libri.
Che io ovviamente non ho mai letto.
Perchè io non sono giapponese.
Io non sono un oggetto di ceramica.
La mia pelle non si incolla con l’oro.
Io mi sono rotta diverse volte.
Tante volte.
Ho molte cicatrici.
Non solo nell’anima.
Anche nel corpo.
E io ho provato con molta pazienza a Kintsugarmi (e ora ditemi se non sembra una parolaccia), a incollare i mille pezzi in cui mi sono infranta con tanta attenzione e dedizione, per diventare qualcosa di più bello, di migliore, di prezioso.
Ma alla fine mi sono rotta le palle.
Poi ho dovuto incollare pure quelle.
Ma l’oro non regge.

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