Il posto del cuore.

Ho realizzato.
Che ho perso un posto.
Forse non l’ho mai neppure avuto questo posto.
Il posto, il rifugio, quello dove non senti nemmeno il bisogno di lacrime.
Ti chiudi dentro e guarisci.
Da bambina era la mia camera.
Con la coperta di lana dai colori scozzesi creavo una tenda fermando un lembo con i libri più pensati che avevo nello scaffale.
Cambiavano con l’età.
Ho usato le fiabe dei fratelli Grimm, un mattone blu con scritte dorate.
Poi è diventato un vocabolario d’inglese che con gli anni si è trasformato in un dizionario di latino.
Poi non ci sono entrata più sotto la tenda.
Ho cominciato a nascondermi sotto i cuscini.
I cuscini sono utili ad attutire i rumori anche più striduli.
E quelli che hai dentro non escono fuori.
Nessuno può sentirli.
Poi è arrivata l’università, gli amici, gli amori.
E così ho imparato a rifugiarmi nelle persone.
Ora sono una donna.
Anche madre.
E non ho un posto dove rifugiarmi.
Condivido le stanze,
condivido gli spazi,
condivido anche i bagni,
dove ogni tanto,se ho fortuna, con la schiena poggiata contro una porta e la faccia all’altezza della tavoletta, mi sforzo di dare soluzione ai problemi.
Non è un posto bucolico ma funziona un poco.
La mia aureola almeno non degenera in un punto.

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