Sono passati poco più i due anni da quando vive la nostra famiglia.
Sono passati poco più di due anni da quando una notte mi ritrovai su un cuscino che non sembrava mio, un letto che non mi ricordava niente e un soffitto che non aveva ombre amichevoli.
Sono passati poco più di due anni da quando devo (necessariamente) ricordare le chiavi di casa altrimenti non c’è nessuno che “nel caso” apre.
Sono solo due anni e stiamo per affrontare il nostro 3° trasloco.
La casetta indipendente nella quale ci eravamo trasferiti appena sposati l’avevamo calzata a pennello, come se li si sarebbe dovuta sbrigare la nostra vita fino a che “la situazione” non ci avesse permesso di comprarne una nostra.
Avevamo attaccato i quadri alla parete con
quella forza che imprimi al martello dicendo “questo chiodo da qui non deve muoversi per i prossimi 10 anni”, avevamo teso l’orecchio memorizzando i rumori che alle 6 di mattina sono consueti e quelli delle 12 che sembrano strani, avevamo fatto di quel posto la nostra casa preparando un nido che molto presto avrebbe visto schiudere un uovo.
L’uovo schiuse, il fiocco che impacchettava la porta suggeriva un panoramico “IO SONO QUI” e il nasino di quel futuro tiranno aveva già imparato quale era il tipico aroma delle pareti: se in macchina si arricciava varcata la soglia tirava un sospiro di sollievo.
Presto con forza e sorpresa di un primo fulmine d’autunno capimmo che non tutti i PADRONI di casa hanno un cuore e anche se avevamo un paio di occhioni azzurri a imprimere tenerezza la cosa non si volse a nostro vantaggio.Fummo sfrattati dal nido che avevamo costruito, con un preavviso degno di un acquazzone che ti sorprende con il cielo sereno e senza ombrello nemmeno nel bagagliaio della macchina.
Quella era una prima casa di qualcun’altro.
Nella fretta e nella preoccupazione ci facemmo bastare la prima topaia capitata sul nostro cammino.Era orribile, sporca, con l’odore di altri, il colore di altri, gli spazi di altri.
Sembrava che nella nostra prima casa poche fossero le cose che nel poco tempo avevamo accumulato, invece caricammo camion di mobili, cianfrusaglie e suppellettili inutili ma non riuscii a portarmi via quel’aria MIA.
L’aria rimase lì e noi ripulimmo quella di chissà chi.
La nostra nuova topaia poteva sembrare orribile, anzi lo era.
Col tempo però ha visto un sacco di prime volte e udito una valanga di casino.
Gli angoli sono ormai nella memoria del piccolo Gio’, sa andare dalla cucina alla stanza opposta anche con le luci spente; d’altronde i suoi passi si sono sviluppati proprio su questo pavimento, tra queste porte e queste finestre.
Questa dimora l’abbiamo vissuta un po’ come la tenda del campeggio, che senti tua ma non è lì per sempre.Non abbiamo fatto nulla di durevole e non ci abbiamo lasciato tanta aria di noi.
Con la fortuna dei principianti e l’ansia che accompagna tutti i comuni mortali finalmente abbiamo trovato la nostra CASA.
Abbandoniamo felici questo intonaco impenetrabile, questi spazi che non si sono fatti personali e ci prepariamo alla più entusiasmante avventura.
Da ora si vive.
DonnaDelirio
Leggo cose.
Scrivo cose.
Dico cose.
Non sempre riesco a fare cose.
10 risposte
Da ora si vive….. È un finale bellissimo!
…… Anzi, un inizio bellissimo
mi hai fatto emozionare….bellissimo…Morena
Hai detto bene, un inizio coi fiocchi!
Grazie.
e allora..BUONA VITA!!!
Grazie compagna!
da ora si vive, quanto mi piace questa frase!
La bellezza delle cose scontate.
sono parole stupende. Noi siamo ancora in due e ci stiamo avvicinando ora alla ricerca della Casa. Quella, si spera, definitiva.
Per il momento è abbastanza snervante, con punte di folle ironia. Ma non smetto mai di tenere "i diti incrociati" 🙂