Confessioni di una donna involontariamente malefica.

Tutti hanno uno scheletro nell’armadio.
Il mio è lo scheletro di un riccio.
La mia stanza universitaria al 3° piano di un palazzo di vetro si affacciava su di un parcheggio.
Un parcheggio circondato da verde, alberi e da una sottile pista ciclabile che lo separava dalla strada a scorrimento veloce.
Un piccolo paradiso in un pezzo di città.
Quando lo studio non era molto…mi correggo… quando non mi andava neanche per l’anticamera del cervello di affrontare un noioso libro di qualche inutile materia, c’era quel giardino a tentarmi ed accogliermi.
Il prato sottile, un albero ogni tanto e nulla.
Ah, mi mettevo seduta lì, gambe incrociate a rimirar l’orizzonte e mi godevo il dolce far niente.
Il senso di colpa non mi raggiungeva minimamente, in pieno menefreghismo respiravo il vento che arrivava in faccia leggero.
Spesso non ero sola.
Spesso facevo il diavolo sulla spalla destra di qualche coinquilina, che mi seguiva senza remore.
La felicità la puoi racchiudere anche in un filo teso tra due rami e una palla che rimbalza tra le mani di gente che si tende verso il cielo.
Niente di più, niente di meno.
A volte erano partite di una cosa che abbozzava la pallavolo, a volte era surrogato di calcio e a volte erano semplici passeggiate.
Un pomeriggio il sole era basso e lo vidi.
Vidi un riccio che lentamente cercava la fuga dalla strada, sbagliava direzione però, dirigendosi direttamente
sotto la ruota di un’auto parcheggiata.
Decisi che gli avrei salvato la vita, nonostante non avessi un ottimo rapporto con gli animali da tempi remoti.
Lo afferai sicura con la felpa tra i miei palmi e i suoi aculei.
Feci una manciata di passi e lo posai nel nostro piccolo angolo di paradiso.
Come diavolo arriva un riccio in città non me lo sono ancora spiegato ma non mi feci domande quando impettita tornai a casa, fiera di aver salvato una vita e di aver arrichito il mondo di bontà!
A causa di un frigo vuoto e di  uno stomaco che lo era altrettanto fui costretta a rimettere piede fuori.
La mia amica mi fece compagnia.
Non avevo molta voglia di far spese ma potevo godere della mia opera buona vedendo l’animaletto scorrazzare nell’erba sottile.
Nulla.
Non si vedeva.
Non era lì.
Attraversando la strada lo scorsi.
Sul ciglio, era lui. Quanti ricci vuoi che ci siano in città?
Era lì spappolato tra l’asfalto e il ciglio della strada.
Le budella che mi salutavano da lontano.
Si era spalmato sulla carreggiata manco fosse stata la protezione solare 50 data su di un neonato!
Morto.
Sono convinta di averlo ammazzato.
O forse aveva solo tendenze suicide.

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